Qualcuno di voi s’è chiesto: “Huawei che fine ha fatto?”
Probabilmente si, e la risposta che vi siete dati? Qual è stata?
E’ un interrogativo che mi sono posto anche io, ed osservando cosa sta accadendo sono giunto ad una conclusione – probabilmente azzardata – triste: Huawei lascia il testimone ad Honor. Sarà davvero così?
L’ultima volta che abbiamo detto “WOW” per un prodotto Huawei nel campo della telefonia, che è poi sempre stato il core business del colosso cinese, fu all’uscita del P40 Pro. Telefono che, sulla carta, avrebbe sbaragliato il mercato: fotocamera da paura, design come sempre azzeccato, un sistema operativo che garantiva prestazioni e durata della batteria… insomma, aveva quasi tutte le carte in regola per essere il top di gamma più gettonato.
Huawei e la guerra di Trump
Era accaduto però, poco prima del lancio di prodotto, che l’amministrazione guidata da Donald Trump avesse ingaggiato una battaglia, o meglio una guerra, contro Huawei e altri brand cinesi.
Il succedersi degli eventi, e l’avverarsi delle parole del presidente biondo, portò ad un ban commerciale tra le aziende statunitensi (Google) e cinese (Huawei). A pagarne lo scotto furono proprio i prodotti destinati al mercato occidentale: smartphone e tablet potevano ancora utilizzare il sistema operativo Android, ma non i servizi di Google.
Ed ecco che il mercato subisce uno sconvolgimento.
La crisi del leader
Huawei negli anni precedenti era riuscita con strategia a ritagliarsi sempre più spazio sul mercato degli smartphone, fino a divenirne uno dei leader. Da piccolo produttore – almeno per l’Italia – di budget-phone per Vodafone ed altri operatori aveva iniziato a farsi notare con i dei prodotti di fascia medio bassa capaci di dare soddisfazione agli utenti meno esigenti.
Ricordo di aver utilizzato, per un po’ di tempo, un Huawei Y300i. Smartphone con caratteristiche tecniche che oggi farebbero ridere, ma che allora, comperato ad un prezzo davvero allettante, era in grado di non disattendere le pretese di un utente senza troppa malizia. Aveva tutto, faceva tutto, non eccelleva in nulla… Era possibile anche installare una custom rom per dargli maggior prestazioni ed allungarne la vita utile.
Dopo una serie di colpi assestati al mercato, con l’arrivo della serie P lo scenario mutò. I P8 iniziarono a riscuotere successo, i P9 portarono il design della casa cinese ad un altro livello. Poi arrivarono i P10 che misero sul piatto le prestazioni fotografiche e Huawei era finalmente entrata nel mercato con una potenza d’attacco importante.
Arrivarono i prodotti della serie P20 che con i P30 ne consolidarono la posizione di dominio. E poi, come un fulmine a ciel sereno, la crisi commerciale dovuta ai GMS. L’utenza, scontenta, iniziò a spostare l’attenzione su altri brand… e siamo giunti alla domanda: “Huawei, dove sei?“
Huawei ed Honor
Stessa sorte del brand principale è toccata ad Honor. Quest’ultimo era giunto in Italia presentandosi come brand per i più giovani, con telefoni dal prezzo contenuto (rispetto alle controparti più blasonate) ma con un hardware di tutto rispetto.
Avevamo recensito, qui su The Monkey, il modello Honor 20 Pro – il modello di punta lanciato in parallelo al Huawei P30 Pro. Simili, con qualche compromesso in più, ma che ad oggi ancora restituisce soddisfazioni.
Anche il brand minore fu afflitto dal ban voluto da Trump! Ed infatti, come per il P40, anche l’Honor 30 ebbe una vita complessa – tanto che in Italia (ma forse in Europa) non sbarcò in nessuna vetrina.
L’eredità passa ad Honor?
Per ovviare all’increscioso problema dell’uso dei Google Mobile Services, la casa cinese ha dovuto fare delle scelte importanti: svincolare, e vendere, Honor.
Sebbene Huawei avesse dato il via ad un sistema parallelo, con gli Huawei Mobile Services ed Harmony OS, l’utenza non ha ben accolto la strada che andava tracciandosi. In tanti, presi dall’entusiasmo, viste le performances fotografiche del modello P40/P40 Pro avevamo affrontato la questione con un po’ più di leggerezza.
La delusione, i problemi di funzionamento di molte App senza i GMS, l’abitudine e la quasi dipendenza dal mondo Google hanno fatto si che il prodotto fosse un flop. E con esso anche tutti gli altri smartphone privi di Google Mobile Services (sia in casa Huawei, che Honor).
La scelta di dividersi
Huawei, dunque, svincola Honor. Quest’ultima vive, in questo periodo, un enorme cambiamento: cambio di proprietà, eredita tutti i modelli già venduti – aggiornandoli e curandosene -, lancio della nuova gamma di smartphone con processori Snapdragon (e dice addio ai Kirin, prodotti in casa)…
Una scelta strategica, anche difficile, ma che vuole puntare alla riconquista del mercato.
Honor 50
Honor torna, annunciando per il 16 giugno la presentazione della nuova line-up di dispositivi. Si tratta della famiglia Honor 50. Dagli inviti stampa, ma anche da render presenti in rete, pare avere una discreta somiglianza con il fratello (ormai cugino) di casa Huawei.
Avrà sotto la scocca processori Qualcomm, della serie Snapdragon. Poco altro si sa, poi, sui moduli fotografici: mutueranno quelli Huawei? Anche Honor avvierà una partnership con brand del settore?
Attendiamo con ansia e curiosità di capire come sta per muoversi il brand della grande H.
Che tutte le energie si concentrino, adesso e nei prossimi tempi, su Honor?
Che ci sia, in cantiere, un progetto di espansione analogo a quello già fatto per Huawei? Incrociamo le dita, sul mercato più player ci sono, più si stimola l’evoluzione tecnologica. E, in via teorica, ci sono più vantaggi per i consumatori!
La curiosità c’è.
Come saranno questi nuovi Honor?
Ma la domanda resta.
“Huawei, dove sei?“, e mi domando ancora “Che cosa farai?”
Chissà, Harmony OS crescerà, avrà un suo ruolo anche ad occidente. Oppure il brand crescerà, ancor di più, ad oriente, in Cina e in quei mercati in cui Google non è penetrato così profondamente (o non lo è affatto), lasciandosi alle spalle una storia gloriosa e triste insieme…