Cairano: dove il vento ti racconta i panorami

Cairano: dove il vento ti racconta i panorami

Il rotolamento degli pneumatici sull’asfalto sembra trasformarsi nel rumore delle onde del mare che si infrangono sulla battigia. L’avete mai immaginato così il sottofondo urbano nelle notti d’estate?

In alcuni luoghi, distanti dalle città caotiche e grigie, i suoni hanno tutto un altro significato, un altro sapore, raccontano cose differenti.
Così, quando immagino un luogo che parli di quiete, di pace dell’anima, spesso rifuggo al pensiero di Milano e trovo rifugio nei ricordi dell’Alta Irpinia. Li dove ci si perde nei borghi del silenzio.

Cairano
Come le onde, le colline appena mietute oscillano al vento. Non si percepisce nulla, se non l'arrivo del crepuscolo. Il sole punta alla terra, il lago riposa, il vento accarezza. Le persone si amano, si, anche qui.

Cairano

Cairano è un luogo e qualcosa di più. E’ una rupe, un miraggio nel cammino tra i campi di grano, un iceberg quando immersi nel candore della neve, un borgo, una comunità piccolissima, il luogo dove il vento racconta storie. Ed è per me, che la guardo da lontano, l’immagine di quello che, nell’epica cavalleresca, doveva essere il profilo di Camelot.

Ma dimentichiamo i sogni romantici di Artù e Ginevra, le gesta di Lancillotto, l’avventura vissuta da cavalieri in armature scintillanti e di spade incastonate nella roccia.
Oddio, il lago c’è, non lontano da Cairano, ma di certo manca la dama che l’abita – anche se, in periodi di secca, qualche casa riemerge.
Torniamo a noi, all’Alta Irpinia ed ai borghi del silenzio.

Camelot/Cairano
Cairano, e la sua rupe, si stagliano sul cielo azzurro. Sono per me il sogno di una Camelot d'Irpinia.

Prove di storia: dov’era Cairano?

Dove fosse Cairano nel lungo percorso della storia è difficile dirlo. Le tracce di passati gloriosi non ci sono, ma è la vita dei piccoli che scrive testi più complessi da leggere.
Sappiamo che Cairano vide la luce, nella sua forma primigenia, nell’Età del Ferro.

Le tracce lasciate dall’uomo sono varie, uniche, e più che la vita, ha lasciato la sua traccia la morte (vedremo poi…) con le Necropoli in località Calvario-Vignale. I resti degli uomini che abitarono queste terre sono oggi custoditi presso il Museo Irpino di Avellino.
Di un passato meno oscuro raccontano le cronache che fanno di Cairano un avamposto militare a difesa della città di Conza della Campania (l’antica Compsa).
Come cadde la città dirimpettaia, così cadde Cairano e i Goti vi misero radici.

Alle crociate parteciparono alcuni nobili locali, sotto la guida di Guglielmo II il Buono, e poi con il feudalesimo tornò a far parte – Cairano – dell’universo di Conza.

Di Cairano, col nome adottato ancor oggi, si fa menzione solo nel 1500. Stando a interpretazioni etimologiche, il nome potrebbe essere ricondotto a Monte di Giano (Car-Janus) come raccontato da Plinio il Vecchio in Historia Naturalis.
Altra teoria vuole che il nome derivi dal castello qui presente: Castellum Carissanum.

Il vento racconta…

Siamo sulla strada che costeggia il lago artificiale di Conza. E’ un bacino d’acqua nato con la costruzione della diga omonima, ed oggi ospita un’Oasi WWF dove trovano riparo tantissime specie avicole, e non solo.

Un piccolo angolo di natura, da ammirare lasciandosi cullare dal silenzio e dalle carezze di un vento che spira costante. Non è un caso che, intorno, pale eoliche si ergano numerose a produrre energia.
Il vento, però, non porta suoni. Racconta storie, però.

Il vento che soffia, ci abbraccia, ci accarezza, talvolta ci sferza le spalle, come a scuoterci. A dirci: “Sapete dove siete?
Ed io lo so, ve lo dico: siamo a pochi chilometri dall’epicentro del Terremoto dell’Irpinia, quello della notte del 23 novembre 1980. Quello che ha spaccato la storia di una provincia, di un territorio, e non solo. Quello che ha scritto la parola opportunità, e che nel dolore e nella cecità noi, uomini, abbiamo scelto di trasformare in disgrazia.

Angoli di Cairano
Cairano è un luogo suggestivo, antico, floreale, silenzioso, magico.
Cairano
Incontrata per caso, è la curiosità. Parliamo, raccontiamo, pensiamo, è un ritorno alle radici e a questa terra che amo.

Caricano: i borghi del silenzio

Non siamo distanti da Bisaccia, di cui vi abbiamo già raccontato, anche grazie alle parole di Vito, che abbiamo intervistato. Siamo uno di quelli che io chiamo “i borghi del silenzio”, diverso a sua volta da Borgo Parrini (in Sicilia) e da Consonno (in Lombardia). Qui il silenzio è profondo, vero.
Qui parla il vento.

Raggiungiamo, dopo aver percorso una strada lunga, dissestata, tortuosa, la rupe e procediamo alla scalata. Il motore romba leggero, la pendenza cresce, procediamo. Un cavallo pascola quieto, un paio di cani sonnecchiano sul ciglio della strada, il panorama ci ammutolisce.
Raggiungiamo il centro abitato. Lasciamo l’auto e ci imbattiamo, fin da subito, in una scena che pensavo di aver dimenticato: gli anziani, quieti, parlottano avanti ai portoni di casa. Ridono, discutono, vivono.

Ci incamminiamo verso quello che dovrebbe essere il centro, inerpicandoci per vicoli e scalinate. Quiete, fiori, colori. E’ tutto qui.

Una voce, per caso

Soffermandomi a respirare quest’aria pulita, stranamente profumata di campo, chiudo gli occhi. Li riapro e vedo una donna, curiosa, con la sua chioma ormai ingrigita e la pelle dura, di quelle che questa provincia ti mette addosso, che mi viene incontro.

Siete turisti?
Si, turisti, insomma. Mi mancavano questi luoghi” – le rispondo.
Parliamo un po’ di me, e di lei, dell’aver lasciato l’Irpinia e aver – chissà – messo fondamenta a Milano. Sono due mondi diversi.

La sua visione è lucida, anzi, lucidissima. Lo sa, con i suoi capelli grigi, che vive una dimensione quasi unica. La vita qui ha un’altra velocità, un’altra asprezza. Nel paese mancano le grida dei ragazzini, mancano le corse sfrenate di piccoli scapestrati.

Simmo tutti anziani, qua!” – mi dice, quasi sconsolata.
Sarebbe stato bello restare, mettere radici, dare il via a qualcosa di mio… non ce l’ho fatta!”  – le dico.
Sorride, racconta di come non si sia mai fatto davvero nulla per questo territorio. Alta o bassa Irpinia che sia, d’Oriente o d’Occidente. E poi torna con la mente, inevitabilmente, al terremoto e alle occasioni sprecate.

Quando muoiono questi qua” – dice, parlando degli anziani del paese – “chi ci resta più?

Sorrido. E’ la domanda che mi faccio anche io pensando alle terre di provincia, ai paesi che pian piano diventano muti. Le rispondo di sperare, che qualcosa cambierà. Chissà.

Pe’ vichi e vicarielli

C’è un ristorante qua, sapete… ci sta sempre gente, se non prenoti non trovi posto” – mi dice. Seguiamo la strada che la signora ci ha indicato, e ci perdiamo per i piccoli vicoli di Cairano.
Si infilano tra edifici tenuti stupendamente da chi vive il borgo.

Raggiungiamo poi la rupe, la vetta, li da dove si ammira gran parte dell’Irpinia d’Oriente, quella che chiamano le Terre dell’Osso.
Il panorama ci toglie il fiato, il vento ce lo ridà.
Siamo tra Campania e Basilicata, lo sguardo non distingue le Regioni, la politica si. Lo sguardo non distingue le genti, le carte d’identità si.
Si vede il lago di Conza, parte di Compsa celata dagli alberi, e poi Sant’Andrea di Conza, Pescopagano… e l’occhio arriva fino ai Campi Taurasini. Il panorama è bellissimo.

E poi c’è l’organo a vento, che avrebbe dovuto suonare, ma si sarà rotto chissà quando e mai nessuno l’ha riparato. Un po’ come tutta la provincia, rotta e mai riparata.

Cairano
L'organo a vento, o meglio, una parte di esso. Dovrebbe suonare, col vento... ma è rotto, nessuno l'ha mai riparato.
Cairano
E' strano, un uovo di mattoni, con in cima una damigiana, ad aprire gli occhi sulla valle dei vasi di terra cotta...
Cairano
Da un vaso, lo sguardo va a seminare sogni su un territorio infinito, tra Campania, Basilicata e Puglia.

Passeggiamo ancora, sono sempre i panorami a portarci al confine del borgo, a farci allungare la testa oltre le mura.
Colori, luci, odori. Tutto sa di un’altra epoca.

Ogni tanto il borgo rivive, lo fa grazie all’impegno di personaggi che questa parte della provincia di Avellino la propongono al mondo della cultura, da Franco Dragone a Vinicio Capossela, ma lo fanno anche i libri di Franco Arminio e di altri autori meno noti ai più. Lo ha fatto anche il cinema, non solo grazie a registi dal sangue irpino come Ettore Scola o Sergio Leone.

Cairano e la Donnaccia

Silvio Siano registra qui il film “La Donnaccia”, in un ambiente surreale. L’intera Cairano partecipa al film, alle riprese, come comparse e come attori.
Si racconta, in questa pellicola che pare ormai introvabile, la vita degli emigranti che fanno i conti con la cultura locale e la superstizione. Il protagonista, però, è una donna: Mariarosa Apicella.

Obbligata a tornare a Cairano, il paese va in subbuglio. Tutti vogliono frequentare la donna, i personaggi della vita rurale appaiono tutti: contadini, spose tradite, il prete/l’esorcista. E poi c’è lui, l’amore.

Si chiama Oreste, Mariarosa l’ama. Si vogliono sposare, il paese vuole impedirne le nozze.
Quando però il paese resterà privo degli “uomini validi”, tutti emigrati per cercare lavoro in Svizzera, i due convoglieranno a nozze.

Di questo film è difficile trovarne traccia, e i ricordi scompaiono con le persone. Resterà memoria di Cairano cinematografica?

Irpinia d'Oriente

Trovate un po’ di informazioni sul sito del Comune di Cairano.

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