Paesaggio con rovine. Irpinia: un terremoto infinito

Paesaggio con rovine. Irpinia: un terremoto infinito

Cosa sia stato il Terremoto dell’Irpinia non è facile dirlo. Si, sicuramente la terra ha tremato. Eppure le scosse, non più telluriche, ma politiche, sociali, economiche si sentono ancora oggi.
Un libro, scritto da Generoso Picone: Paesaggio con rovine, ci accompagna in un viaggio tra la cronaca, le scelte politiche, le idee rivoluzionarie, la vita quotidiana di una provincia e dei suoi dintorni. Un cratere vibrante ampio chilometri e chilometri.

23 novembre 1980

E’ l’inizio e la fine. E’ la fine e l’inizio. E’ un attimo, un momento che resta sospeso nel tempo. E’ un fulmine che cambia tutto, che non cambia nulla.

“L’evento anteriore, assurto a rango di capostipite, in effetti non ha mai avuto luogo”

L’Irpinia, provincia dell’entroterra campano, ha vissuto una storia assai complessa. Realtà marginale, agricola, dedita alla pastorizia, ma anche terra che ha dato i natali a illustrissimi personaggi della storia italiana.
Un ibrido: fame e fama, gloria e vergogna. Il tutto è sempre stato in un perfetto equilibrio.

Col terremoto si accendono i riflettori.

Irpinia: un terremoto infinito

I morti furono abbondanti, nelle terre irpine. Interi paesi crollati, intere generazioni spaventate in una notte, quella del 23 novembre 1980.
Un futuro da scrivere, su macerie e macerie. Un passato che qualcuno ha scelto di preservare, qualcuno di cancellare radicalmente. E poi gli avvoltoi, i mangia-carogne che, come sempre, puntata la preda hanno scelto di banchettare – e chi se ne frega della morale, e chi se ne frega del futuro!

Picone, facendo incetta di notizie e cronache scritte di proprio pugno negli anni del più fervente giornalismo presso le redazioni campane, attingendo a note ed articoli altrui, ai ricordi, ricostruisce la storia del terremoto. O meglio, dei luoghi del terremoto.

Emergono le occasioni perse, ma basta osservare il panorama per rendersi conto di come si sia persa l’occasione di iniettare linfa vitale in un territorio morente.
La politica ha fallito, e neppure ha fatto tesoro del disastro creato. Avrebbe già dovuto apprendere da quanto successo nel Belice, o a Messina, o ancora negli anni ’60 stesso in Irpinia. O, per dirla tutta, dal terremoto del 1980, per comportarsi in modo adeguato in epoche più recenti tra Umbria, Marche e Abbruzzo. Eppure, in Italia almeno, la storia non insegna.

La corsa all’oro

Ogni disgrazia è una corsa all’oro. Si sa, purtroppo.
Non fu esente uno dei terremoti peggiori della penisola.

A questa sincera solidarietà solidarietà degli italiani non ci eravamo veramente abituati. Quelli sono, erano, i paesi delle rimesse degli emigrati, paesi abitati da montanari che in qualche modo badavano al sodo. Ma quella solidarietà era sincera, volevano aiutarci a risollevarci, volevano consolarci, avevano compassione e noi veramente volevamo solo, magari, che ci rifacessero le case.
Ma no! Per forza hanno voluto portarci lo sviluppo, perchè non era giusto che ci fosse tutta quell’immigrazione e che quelle strade fossero così scalcagnate. Insomma il terremoto era vero.”

Michele Zecca – Comunità Provvisoria

Dopo dodici anni, lo stesso Zecca si trova faccia a faccia con chi – quelle persone – aveva donato per l’Irpinia e i suoi dintorni.

“Lì vidi le stesse facce (…) che quando portavano gli aiuti ci abbracciavano ed emozionati ci consolavano (…), adesso erano lì arrabbiati con noi, che volevamo solo le case (…) perchè eravamo dei lazzaroni, imbroglioni meridionali, con una rabbia forte pari alla compassione per il terremoto.”

continua

Allora (…) ho capito che noi terremotati abbiamo avuto una funzione terapeutica: quei morti e quella solidarietà sono serviti per mettersi l’animo in pace, per sentirsi più umani.
(…) Il terremoto è stato tradito. Hanno ammazzato i nostri paesi. (…) Una volta in quei paesi si decideva e si viveva. Oggi sono un’immensa periferia che vive, trascinandosi senza identità, di quei pochi riflessi e delle poche risorse che possono venire dalle città.”

Beh, possiamo e non possiamo concordare con Zecca. E’ vero, in Irpinia sono giunti fondi in quantità impensabile. Miliardi di lire, miliardi su miliardi. Gestiti, o meglio, malgestiti.
Hanno messo mano nel calderone politici locali, amministratori locali, improvvisati imprenditori locali, la camorra, ma anche imprenditori del nord – con fantasmagorici progetti mai realizzati, nonostante abbondantemente pagati dallo Stato.

La speculazione è stata selvaggia, profonda. Ha visto coinvolti personaggio d’ogni sorta. La storia li ha assolti. La desertificazione delle aree interne, no.
Luoghi resi non luoghi (un pensiero va a Bisaccia), luoghi che tentano la sopravvivenza, luoghi che stanno spegnendosi come le candele (ci sarà un futuro radioso per Cairano?), persone che corrono a rifugiarsi nella storia, giovani che vorrebbero staccarsene e vivere il futuro.
E’ un calderone di sentimenti contrastanti, di piccoli mondi complessi.

Generoso Picone

Sapere, conoscere

Conoscere il passato aiuta a ragionare sul futuro. Sapere cosa è accaduto aiuta a spiegare le assenze, le mancanze, così come i risultati positivi e i successi.
Questo libro, nella sua essenza, è una guida alla storia degli eventi d’Irpinia. Un viaggio tra parole, fatti, aneddoti, testimonianze, citazioni che guida il lettore alla scoperta di un angolo remoto d’Italia che, purtroppo, e fin troppo spesso, ha scalato i titoli di giornali e telegiornali per avvenimenti non certo felici.
Leggere Paesaggio con rovine aiuta a spiegarsi i perchè delle cose. O almeno, aiuta nel tentativo di spiegarsi le ragioni dell’emigrazione di tanti, delle illusioni perse sui treni, dei sogni scomparsi con la politica, di incantevoli promesse, di successi calcistici, di … un passato che non tornerà.

Questo libro è anche un suggerimento, o io lo percepisco come tale. L’Irpinia c’è. Se l’ami, commuove ancora. Non ha perso la sua storia, ci sono fiumi sotterranei che la raccontano ancora, la fanno scorrere per il territorio, la portano lontano e  alimentano suggestioni e speranze nuove.
E’ una scommessa, da fare con se stessi – se si nasce in Irpinia. Scommettere che quel pezzo di terra verde resti vivo dentro, che si tornerà a dargli voce.

E’ una scommessa per chi non l’ha mai vissuta, quella provincia tra i monti. Scommessa a scoprirla, perchè non lascerà mai delusi i curiosi. A cercare le fiammelle vive dell’entusiasmo, tra grappoli di vino e paesaggi mozzafiato. Sempre generosa, sempre scontrosa.

Una lettura educativa, soprattutto dal punto di vista storiografico. E’ parte della storia d’Italia, si, anche questo terremoto orribile. Dovrebbe insegnare, dentro e fuori dalla Campania, a non ripetere gli stessi errori. A fare meglio. Ad essere una nazione, davvero.

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